Tartufo nero estivo (trifula negra)
Descrizione sintetica del prodotto. Le dimensioni del Tuber aestivum variano da quelle di una noce a quelle di una grossa arancia di forma generalmente rotondeggiante. Cresce in pianura ed in collina fino a 1300 m s.l.m., in simbiosi con numerose specie forestali fra le quali si ricordano querce, pini, faggi, carpini, betulle e noccioli. Anche questa specie, come il tartufo nero pregiato, forma "pianelli"
Come si ottiene. La tartufaia coltivata è quella costituita "ex novo" in
un’area di terreno dove non vi sono piante che producono naturalmente
tartufi. Prima di mettere a dimora le piante è necessario verificare se
le caratteristiche del terreno sono adatte allo sviluppo del tartufo,
mediante analisi in un laboratorio chimico specializzato. Gli impianti
devono essere preferibilmente eseguiti in terreni con pH con valori
attorno a 7 o 8 , ricci di calcare, poveri di sostanza organica ed a
tessitura sciolta. Una volta scelte le aree da adibire alla coltivazione
del tartufo e reperite le piante micorrizate è necessario procedere
alla preparazione del terreno.
Territorio interessato alla produzione. Zona precollinari, collinari e di media montagna di tutta la provincia di Piacenza.
Storia. Le prime notizie botaniche sui tartufi le troviamo nella "Historia plantarum" di Teofrasto, autore greco del IV secolo a.C., considerato il padre della botanica: li descrive come funghi, piante imperfette prive di radici, foglie, fiori e frutti, e li denomina "hydnon".
Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) nella "Historia naturalis" li distingue dai funghi, senza tuttavia riuscire a definirli con esattezza, e ne parla diffusamente.
Istruzioni per l'uso. Il tartufo fresco, una volta pulito con uno spazzolino e lasciato asciugare bene su un canovaccio, viene messo in un vaso di riso, in vetro, ermeticamente chiuso e conservato in frigorifero, dove si mantiene per circa un mese.